"Ciascun gruppo occupa un proprio territorio, che si estende su un'area
di una ventina di chilometri quadrati circa d'ampiezza e viene
delimitato tramite secrezioni odorose della zona labiale ed anale: i
territori dei maschi sono solitamente più grandi di quelli delle
femmine, anche del doppio. Generalmente, il gruppo rimane nello stesso
territorio finché le risorse sono sufficienti al proprio sostentamento,
per poi abbandonarlo alla ricerca di aree più ricche di cibo qualora la
disponibilità alimentare diminuisca: questo spiega l'apparizione
improvvisa di cinghiali in aree dove storicamentela loro presenza non è
contemplata."Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
L'ungulato genovese, da un paio d'anni almeno, pare si sia stabilizzato nel territorio limitrofo alla Città, di conseguenza ha tracciato e ripercorre abitualmente dei semplici "corridoi" abbastanza coerenti che lo portano agevolmente dalla campagna circostante alla nuova fonte di cibo a costo zero; abbiamo verificato che questi sentieri sono individuabili facilmente con sopralluoghi e i passaggi variano al max di qualche metro uno dall'altro.
A valle di questi corridoi olfattivi i cinghiali trovano i primi cassonetti della spazzatura e la città meno urbanizzata, queste strade collinari portano inevitabilmente ai quartieri piu popolosi, al traffico, e al contatto con la popolazione umana e urbana.
A monte di questi pochi e "storicizzati" passi, abbiamo verificato l'esistenza di terrazze e fasce, frutteti, ampi spazi e varietà di vegetazione, purtroppo ora in assoluto abbandono, dove rovi, crolli, incuria, rendono poco praticabile anche ai gruppi di cinghiali il territorio, e poco disponibili le sue risorse, anche se il tutto si estende per alcuni kilometri
Questa crediamo sia la dinamica che porta i branchi ad avvicinarsi oltremodo alle abitazioni: l'opportunismo alimentare spinge l'animale ad abbandonare sicurezza e abitudini silvestri verso la facilità di approvvigionamento data dalla prossimità umana.
I cuccioli condotti su questi sentieri verso questi obbiettivi memorizzano l'abitudine alimentare e ne fanno la propria strategia, riproducendola sugli esemplari della generazione sucessiva. Rischiando l'aumento esponenziale del fenomeno, considerando il passaggio di informazioni, da uno a otto circa.
Da qui crediamo che l'abbattimento in ambito cittadino e la caccia oltremodo spinta, possono non essere considerati neanche un deterrente, ma casomai una criticità aggiunta, un'ipersoluzione senza progressi reali.
Consideriamo invece quanto poco sopra descritto come scenario su cui in tempi brevi pianificare una possibile soluzione. Indivuati in periodo di quiete i "corridoi olfattivi" si puo ricreare a monte di questi l'ambiente adatto a dispensare le risorse necessarie agli animali, rinnovando le varietà arboree presenti, così come la vegetazione e il terreno nel suo insieme.
Essendo queste aree rurali in parte di proprietà pubblica ed in parte privata, è possibile ricorrere alla normativa già esistente rispetto agli obblighi della Proprietà agraria, così come con la recente Legislazione sul lavoro di Comunità o di Prossimità è possibile, oltre che creare una piccola economia di prossimità, pianificare i modesti interventi necessari per rendere questi terreni, queste aree, utlilizzabili come "dispenser" naturali di risorse alimentari.
Questo lavoro permetterebbe ai branchi di ungulati, di trovare dalla primavera all'autunno cibo in abbondanza e di facile accesso in aree ancora periurbane o extraurbane, agli esordi lo si puo ulteriormente incentivare con contributi pianificati.
Ciò permetterebbe altresì di ottimizzare le risorse della ex Provinciale,monitorando facilmente e controllando così la popolazione animale presente.
Una fase dell'intervento cmq prevede di utilizzare deterrenti acustici, visivi, fisici, per disincentivarte la migrazione estiva dell'animale.
Avendo noi individuato da tempo i "passi" utilizzati, ed essendo memorizzati e riproposti la stagione seguente dal cinghiale, su questi corridoi si puo agire limitando gli sforzi, con le competenze ancora in essere negli operatori el settore.
L'indole opportunistica dovrebbe convincere l'animale a non rischiare di scendere a valle.
Resa difficile la discesa a valle e reso accessibile il cibo a monte, nel giro di una generazione dovrebbe modificarsi la strategia alimentare degli esemplari presenti nel territorio circostante.
Inoltre crediamo che una sperimentazione si possa fare a bassissimo costo ed in una zona circoscritta, quale il territorio inurbanizzato e le arre rurali confinanti il nostro Municipio, considerando la stanzialità dei branchi, dovrebbe dare risultati in breve tempo.
Le risorse economiche pur di modeste dimensioni, dovrebbero essere a carico degli Enti a cui è stata accorpata la competenza Provinciale sul Territorio, Regione e Città Metropoitana, dunque.
Si tratta di spendere quello che vorrebbero spendere in battute di caccia urbane, costosissime, solo si tratterebbe di spendere con piu buon senso, rendendo un apparente criticità un opportunità per creare lavoro e qualità di vita.
GiuseppePittalugaPRCbassaValBisagno.
"intuizione ed elaborazione a cura del CircoloPrcBianchini"
I gitanti fuori porta potrebbero oservare i branchi in libertà in apposite ma non delimitate ampie aree "al di là dei Forti". dove la varietà della flora e dell'alimentazione attirerà caprioli e altra fauna, volatili e piccoli mammiferi che convivono con gli ungulati...
RispondiEliminaNn verrà mai accettata questa proposta in una regione dove chi comanda è un cacciatore
RispondiEliminaProposta più intelligente non l'avevo ancora letta ! le istituzioni dovrebbero prenderla in seria considerazione, ed attuarla, in ogni ordine e grado, dal pubblico al privato e senza i soliti distinguo clientelari !!!
RispondiEliminagrazie, spesso le soluzioni che ci propongono "lorsignori" come uniche e salvifiche sono solo una delle opzioni possibili, è meglio sempre metterle in dubbio e pensare ad una alternativa :)
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