Bassa Val Bisagno / Municipio III, Abitanti: 77.721 (12,8%); Superfice: 789,74 di cui 435,11 di zona urbanizzata ...
e non pochi grassi interessi, dall'area mercato alla metropolitana, finanche bacini fluviali e opere abbastanza "grandi" da esser appetibili businnes, come lo scolmatore...
Il Decentramento sarebbe un'opportunità di partecipazione, pensare di arrivare all'idea di PortoAlegre magari è eccessivo ma pretendere di sapere e incidere sulle scelte che ci riguardano dovrebbe esser il minimo sindacale, credo.
venerdì 30 dicembre 2016
SERVIZI SOCIALI: L'ACCOGLIENZA RICHIEDENTI ASILO.
RIPUBBLICIZZIAMO I SERVIZI CITTADINI.
SERVIZI SOCIALI:
L'ACCOGLIENZA RICHIEDENTI ASILO.
"Riportare la gestione del fenomeno dei Richiedenti Protezione, ed il governo delle pratiche relative, nella pianificazione d'intervento organica al sistema dei servizi sociali metropolitani, con un unica regia pubblica e trasparente, uscendo dalle logiche della continua emergenza e della delega a terzi."
Sino a che i numeri e il mandato stava, veniva inserito nei percorsi SPRAR (Servizio di Protez Richied. Asilo e Rifugiati), in accordo con UNHCR (Commiss. Eu Rifug.), coordinato dall'ANCI (Ass. Naz. Comuni d'Italia) nei singoli Comuni dove questi Uffici venivano e vengono utilizzati, le dinamiche anche importanti dell'immigrazione costretta da motivi impellenti, siano economici, sanitari o politici, venivano inquadrate e regolate in protocolli in progres ma abbastanza stabili da garantire un flusso e un inserimento piu o meno regolare delle persone accolte e coinvolte, nella vita sociale, nella formazione, nel lavoro.
Lo SPRAR questo compito lo assolve e lo garantisce da anni, con diverse eccellenze in tutto il Paese.
Dopo le "primavere Arabe" i numeri e i percorsi dell'immigrazione si sono moltiplicati, ma invece di ottimizzare l'esperienza acquisita con il sistema già operativo e casomai allargarne il mandato alle nuove istanze e alle nuove proporzioni (cosa che è diventata improcrastinabile), si è deciso di operare in una eterna "emergenza", dove si confonde il dovere civile di soccorrere ed accogliere le persone, che avviene giocoforza in un momento di emergenza, con l'organizzazione che permette in seguito alle persone di almeno stabilizzare il loro "progetto" ,in un qualunque status regolare poi si collochino.
Questa seconda e imprescindibile fase non puo venire considerata una continua emergenza, come sosteniamo, è evidentemente necessaria una pianificazione e una distribuzione adeguata del Servizio. Ciononostante il motivo fondamentale per cui si continua a scegliere una "via Prefettizia" all Accoglienza è proprio la percezione che la presenza di migliaia di "portatori di diritti" sul territorio sia un evento eccezzionale ed improvviso, da liquidare rapidamente: "siccome è un emergenza facciamo le cose dirette e sbrigative".
Cioè le condizioni dell'Accoglienza sono determinate dallo Stato d'autorità, in base ad esigenze prettamente logistiche, tramite l'emanazione dello stesso: la Prefettura.
Il Prefetto infatti ha la responsabilità una volta avuto in carico la destinazione di un tot di Richiedenti Asilo, di trovarne locazione ed assistenza sul territorio di competenza, e ad oggi la risolve appaltandone direttamente la gestione ad Imprese sociali, Enti o Associazioni che ne abbiano i requisiti e ne facciano richiesta.
Questo procura un clima di "mercato" e concorrenza, rispetto alla assegnazione di questo "servizio" al quale partecipano in molti, tutto il TerzoSettore, i vari privati, Parrocchie e Enti religiosi, Associazioni locali o di altre regioni, Centri di assistenza e Organizzazioni di volontariato, Pubbliche Assistenze. Nessuna mediazione è prevista nella trattativa con lo Stato, anche se "cuscinetti" come la delega di un Consigliere Comunale sul Tema si sono tentati, rispetto almeno alla distribuzione dei "campi" sul territorio Comunale.
Il risultato inevitabile è la destinazione frammentaria delle persone, decisa piu dalle contingenze spazio temporali del momento, che ad una assennata divisione e distribuzione dell'utenza, magari stabilita in base a parametri utili quali destino, provenienza, lingua, religione, parentele, unità delle famiglie; dati questi immediatamente disponibili all'arrivo in città dei Richiedenti, e che faciliterebbe le pratiche seguenti.
Inevitabile inoltre che venga polverizzato, in differenti metodologie di approccio e di gestione della quotidianità del Richiedente, il progresso del percorso, senza del resto avere su questo ne controllo ne verifica, vanificando l'efficenza di pratiche e protocolli nei vari passaggi di regolarizzazione, sanitaria, fiscale e legale, sino alla Commissione Territoriale.
Differenziandone i percorsi e rendendo difformi le pratiche da caso a caso, da Centro a Centro, si prolunga inevitabilmente il tempo necessario sostenendo dei costi sproporzionati agli obbiettivi preposti. Si complica altresi tutto l'apparato preposto a sbrigare le pratiche personali dei Richiedenti, sia a livello sanitario che legale, impegnando Ospedali e Questure piu del necessario.
Questo per quel che riguarda gli aspetti della cura del percorso legale delle persone.
E' uno dei frutti velenosi della Politica emergenziale, ma non l'unico.
Esiste poi la gestione del tempo e della cura esistenziale dei richiedenti, dalla minima formazione rispetto alla lingua, ai pasti, alla locazione e le utenze, ai controlli medici e alle attività minime. Allo stesso modo la polverizzazione tra molteplici gestioni e metodi differenti non si rivela una ricchezza pluralista bensì una complicazione ulteriore rispetto ad un minimo di pianificazione efficente per garantire a tutti eguali servizi ed eguale dignità.
Le differenze di trattamento e di esito, di tempi e di dispense, mortificano le persone sottoposte a questa condizione coatta, e creano sacche di marginalità dovute alle deficenze occupazionali, aumentando la percezione diffusa e comune di abbandono delle persone al proprio destino.
Avendo anche in questo caso esigenze contingenti all'emergenza non si realizzano dei protocolli ufficiali, delle buone pratiche comuni, dei parametri di riferimento per una gestione uniforme e ottimale della quotidianità del Accoglienza.
Non lo si puo fare in una situazione di continua emergenza.
L'opportunità di superare questo blocco non solo mentale è data dalla possibilità dell'Ente Comunale di intervenire autorevolmente e porsi come passaggio sucessivo alla Prefettura, o meglio come destinatario del mandato d'Accoglienza, assumersi la responsabilità di governare gli eventi, la Autorevolezza della gestione del percorso sino alla Commissione Territoriale, e utilizzare a questo scopo le Cooperative di servizio presenti localmente, redistribuendo risorse sul territorio.
Questo potrebbe prevedere con una regia degli uffici Comunali, allora una metodologia di percorso magari sperimentale ed in progres, ma con una pianifiacazione uniforme che riduce tempi e costi rispetto al raggiungimento della qualità dell'intervento e degli obbiettivi. La certezza e la regolarità delle pratiche favorirebbe un sucessivo inserimento lavorativo e non, regolarizzando anche l'accesso al mercato del lavoro dei singoli.
Le "risorse" necessarie al Comune, per definire l'assetto e mantenerlo stabilizzandolo, diventando una sorta di investimento e non solo una spesa, sono già in carico alle Prefetture, che riconoscono per lo Stato, già ora, all'Ente la quota di mantenimento personale utile al caso.
Questa prospettiva modifica la natura del Servizio, non più un contenitore/dispenser a lungo termine, ma un turn over burocratico reso efficente nei tempi e regolarizzato nei costi, favorendo anche l'armonia con i contesti in cui queste esperienze d'Accoglienza vanno a innestarsi.
L'Ente Comunale, rispetto al intervento di locazione, diverrebbe il referente per un passaggio cognitivo e di confronto con le Istituzioni di prossimità e le realtà locali, che ad oggi viene eluso, a garanzia di un agire adeguato, qual'ora possibile, con modalità opportune al contesto territoriale, ed una distribuzione piu congrua e equa sul Territorio, allora sì, xchè in sinergia con le potenzialità riscontrate, puo essere un intervento foriero di opportunità economiche e cognitive per tutti.
Questo tra l'altro è quello che chiedono spesso gli Abitanti che invece ad oggi "subiscono" e percepiscono come arbitrarie le decisioni di allocamento Richiedenti, prese dalla Prefettura (X*) e consegnate a volte a delle org. che non hanno altro obbiettivo che quello economico, essendo esterne ed estranee al territorio quanto i rifugiati stessi.
Pare necessario intraprendere ed attuare una decisa svolta che abbia come prospettiva la riapropriazione dei Servizi Cittadini con un nuovo paradigma che ne permetta la gestione Collettiva, a partire dai Servizi Sociali ad arrivare all Acqua, all'Igene Pubblica, al Trasporto Urbano.
L'efficenza e la sicurezza sono date dalla responsabilità comune, dalla condivisione degli obbiettivi, dalla trasparenza della gestione, in tutti i settori di pubblico interesse, quello che viene definito il "bene comune".
GiuseppePittaluga
CapogruppoPRCbassaValBisagno
....
( X* )
Ne è prova provata la metodologia messa in pratica dal PRC al Municipio3, nell'attualità delle Norme vigenti, quando ...
Esattamente un anno fa, sul finire di dicembre 2015 alcune false notizie sull iniziativa presunta di deportare un numero imprecisato di Profughi in una vecchia struttura in quartiere a Quezzi, che poteva contenere un centinaio di persone, venivano messe in circolazione.
Profittando evidentemente del "modus operandi" di certe Prefetture messo in evidenza dalle destre xenofobe e dalla stampa compiacente, la cosa veniva resa verosimile creando malumori e strumentalizzazioni e incrinando il clima di convivenza in un quartiere già complesso.
Un minimo di indagine ci portò a conoscenza del progettato insediamento di una Struttura sociale, con diverse destinazioni: un residenziale per anziani, una "casa famiglia" per minori e un residenziale per Richiedenti Asilo. In totale un 80ntina di posti letto, 24 di questi dedicati ai Rifugiati. Iniziativa a cura e a spese dell'Ass. CeisGe, azienda del TerzoSettore, legata al area Cattolica cittadina.
Essendo questo progetto comunque una realtà di servizio che si innesta in un equilibrio precario di un area abitativa popolosa e ricca di criticità, che contribuisce nel bene e nel male a modificarne gli assetti, abbiamo ritenuto che, come un altra attività imprenditoriale che desse un simile contributo, ciò dovesse avvenire nella trasparenza e nella condivisione con la realtà locale, con gli Abitanti.
Ci è sembrato allora opportuno richiamare, anche formalmente, l'imprenditore alla "responsabilità" sociale dell'Impresa, il dirigente ha ammesso pur tardivamente quanto fosse utile, anzi necessario il semplice percorso di trasparenza da noi individuato e richiesto.
Dopo aver diffuso in quartiere le reali condizioni del progetto sociale privato, e le informazioni relative ottenute, è stato necessario formalizzare nelle Sedi adeguate la conoscenza ed il confronto tra le parti interessate alla realizzazione della struttura.
Da qui l'incontro voluto con forza da Rifondazione e messo in atto dal MunicipioBassaValBisagno, per dare l'opportunità all'Associazione Imprenditore, di venire in Sede istutuzionale a presentare il progetto e le sue finalità, con carte topografiche e convenzioni, in una Seduta aperta agli abitanti, dove Comitati e Cittadini hanno potuto esprimersi, dove anche le componenti Politiche hanno partecipato e dove tutte le perplessità e i dubbi sono stati pazientemente sciolti.
Da lì in poi la Struttura ha potuto realizzarsi in armonia col contesto e gli Abitanti.
Grazie al confronto da noi preteso, e diventato inevitabile per l'imprenditore del TerzoSettore.
Abbiamo anche rilevato quanto questa iniziativa di partecipazione, o almeno diffusione, non venga richiesta ne agevolata abitualmente e pur essendo parziale ed non sufficente pare un unicum, ad oggi.
Il prezzo dell'Iniziativa Politica pagato dal Partito è stato un immediato accanimento nei nostri confronti da coloro che tentarono di strumentalizzare le false notizie, dapprima con minacce vaghe, poi circostanziate verso alcuni compagni, infine un tentativo di agguato notturno per fortuna fallito, ad un Consigliere del Partito. Il quartiere stesso, le realtà antifasciste piu vicine, e molti cittadini si sono rivoltati immediatamente contro questo degenerare squadristico, evidenziando quanto le istanze popolari anche dure non abbiano niente da spartire con la propaganda xenofoba di pochi estremisti.
Crediamo che in questo sparuto ma pericoloso "fronte" si siano ritrovati interessi differenti, sia di propaganda xenofoba che di impronta localistica meno politica, sponda magari di egoismi speculativi, ma soprattutto ci pare che emerga da questa esperienza di Resistenza quanto sia "semplice" rompergli il giocattolo, diradando la cappa di falsità e paura che diffondono: rendendo trasparente la Politica Amministrativa e le sua scelte, grazie ad un Controllo Popolare attivo.
Abbiamo, in questo frangente, individuato e sperimentato un metodo pratico e immediatamente realizzabile: ogni iniziativa di inserimento, apertura, locazione di Residenziali dedicate all'Accoglienza, dovrebbe confrontarsi in Sede Municipale in un Incontro Informativo e un confronto con le Componenti locali. Questo permetterebbe l'emergere delle criticità così come delle opportunità, in un dibattito collettivo, nell'ottica della sostenibilità e dell'inclusione.
Crediamo che questo sarebbe il modus operandi minimo a garanzia di trasparenza, se fosse semplicemente il Comune stesso a definirlo come "protocollo".
Intanto.
GiuseppePittalugaCapogruppoPRCmunicip3
sabato 24 dicembre 2016
Il Ponte storico del Molinetto, e il suo destino.
Quello che potete leggere e visionare esposto in Municipi3
è il Progetto dell'intervento previsto in Via del Molinetto.
Lo scopo di questa Opera Pubblica è duplice, ed i fondi (254mila eu. provenienti dai Fondi Messa in Sicur. del Ferregg.) sono vincolati a questi due parametri: sistemazione e miglioramento del aspetto idrogeologico e della viabilità.
In quel luogo e non altrove.
Il Progetto risponde in qualche modo, vedremo come, a queste due criticità, con le prospettive e la mentalità progettuale di un decennio fa, quando pareva che l'emergenza fosse togliere dalla strada moto e auto parcheggiandole ovunque, oltreche canalizzare i torrenti con argini di cemento.
Questo progetto infatti è lo stesso che girava all'epoca dell'alluvione del 2011.
Ricordo a questo proposito che, i gg seguenti all'alluvione, un solerte Geometra comunale ha interrotto il ripristino del Ponte, smantellato i lavori già in corso sullo stesso, chiuso l'accesso, ed intimato agli abitanti di mettersi il cuore in pace, che intanto lì si farà una "rampa". Dopodichè 15mesi di isolamento ed infine l'attuale passerella provvisoria.
Da quei tempi "è passata tanta acqua sotto i ponti", è cambiata la sensibilità comune ed oggigiorno nessuno si sognerebbe più di accedere ad una creusa storica con una rampa carrabile che scende al livello di un alveo torrentizio, e lì fare una piastra asfaltata con un park motorini, soprattutto perchè il nuovo Piano di Urbanistica Comunale (PUC) non lo permetterebbe certamente.
Eppure questo Progetto nato dalla Messa in Sicurezza del Fereggiano ha oltrepassato le epoche e si ripresenta oggi, con piccole variazioni, come Soluzione al problema dell'accesso alla Via.
Nel punto più fragile e coinvolto dai tristi avvenimenti del 2011.
A noi sembra improponibile, e davvero anacronistico nel merito degli interventi previsti:
>Rispetto alla criticità del deflusso delle acque piovane provenienti dalla stessa Via Molinetto, dalle scalinate adiacenti e da Via Fontanarossa (contributo notevole, l'acqua nella creusa prima del ponte arriva alle ginocchia nel momento peggiore) si prevede di allargare una piccola caditoia già presente sulla strada, raddoppiandola e coprendola con "grate", per dirigerne poi il podotto, intubandolo, oltre il salto poco distante.
Sappiamo come sia assolutamente insufficente a raccogliere la quantità d'acqua che scende e si trasforma in una fiumara stretta tra muretti.
Dunque quest acqua arriverebbe in fondo alla creusa senza piu incontrare le attuali importanti vie di fuga rappresentate dalle due scalette di discesa nel rivo, che diventano ogni volta salvifiche e capienti caditoie, liberando il pianetto dall'acqua. Altro che due grate!
Infatti la piastra asfaltata che accoglierebbe la rampa asfaltata prevede di chiuderle entrambi, sostituite da un drenaggio di grate e tubi (!!).
>Ancora, questo intervento prevede certamente un appesantimento ed una impermeabilizzazione ulteriore, in un micro contesto che è in equilibrio da circa mille anni, da tanto esiste con certezza il "blocco" di case che insiste sulla sponda del torrente presa in considerazione. Questa è attraversata nel sottosuolo da diverse infiltrazioni che sfogano nel rivo, che verrebbero interrotte, deviate, tappate dalla colata di cemento. Prevedendo loro delle "palificazioni" e infiltrazioni, per aumentare la "sicurezza" degli argini (trasformandoli in un grigio massiccio muraglione), ci viene il dubbio che tanto sicuri di non trascinare tutto nel torrente, non lo siano poi tanto.
Sappiamo tutti noi che lasciare libera l'acqua di scendere nell'alveo è l'unico modo per non venir troppo danneggiati dalla sua furia.
E' chiaro ai nostri occhi che si tratta di un evidente peggioramento delle condizioni di sicurezza rispetto al assetto idrogeologico, così fortemente solleticato e modificato.
>Rispetto al deflusso della Piena Duecentennale (quella prevista dalla Legge come limite a cui attenersi) e agli impedimenti che troverebbe in quel punto, dove il torrente incrocia il Ponte, si tratta in sintesi di eliminare i piloni appoggiati in alveo (in realta appoggiati sui vecchi trogoli scavati nella pietra del rio) che sostengono una baracca di blocchetti abbandonata. Questi piloncini trattengono detriti creando in concomitanza del ponte un "tappo" pericoloso. Vero. Ma se questa baracca crollasse in una delle tante piene, non avrebbero neanche piu questo obbiettivo, se non il rimuovere dei detriti.
>Invece con questa Opera non incidono affatto sul famoso insufficente "franco idraulico" del nostro Ponte rispetto a quello previsto (lo spazio tra l'alveo ed il ponte), nonostante questo sia il motivo sostanziale del "illegalità" presunta del nostro ponticello, motivo per cui sarebbe difficile permetterne l'utilizzo.
Questo in realtà potrebbe essere ovviato, come ha ammesso lo stesso Tecnico Infrastrutture, spaccando lo scoglio sotto il Ponte e anticipando così il "salto" del torrente di pochi metri, certo si dovrebbe spostare entrambi i pozzetti della rete fognaria, inappropriatamente collocati lì tempo addietro, sistemando cos' anche questa incongruenza.
>Ma la cosa più eclatante di questo Progetto è il ripristino della Viabilità alla creusa. Come si ottiene questo risultato? Ripristinando il Ponte che per 850 anni ha permesso a carretti, muli, persone, motocarri, motorini, trattori e carriole di transitare sereni lungo quegli antichi argini?' No.
Certo che no.
L'accesso ad una Via rurale pedonale viene reso "carrabile"per decreto(!), che per il Codice della strada sono cmq due cose differenti; questo accesso viere realizzato in piena curva, che sempre per il codice stradale non è molto chiaro; con una "rampa" di cemento armato larga quasi tre metri che taglia un marciapiede ed ha una pendenza eccessiva per qualunque mezzo a mano o a traino umano.
Questa Rampa finirebbe ad innestarsi sulla creusa davanti ad alcune cantine in coincidenza con l'accesso al vecchio ponte (che verrebbe transennato e chiuso al passaggio, sino a quando non si sa)
Dove migliora la viabilità e l'accesso alla Via e per la Via? Quale contributo porta questa Rampa se non quello di altre tonnellate di acqua provenienti dalle Vie soprastanti? A cosa serve, che non poteva servire il Ponte?
Il Ponte Pedonale. Perchè mai non lo si puo riutilizzare come prima?
Questa manfrina è stata un teatrino condotto su un canovaccio che segna il degrado della politica Amministrativa nostrana, secondo noi.
Neanche un euro di questi 254mila sarà dedicato al restauro del ponte, NON è previsto nessun intervento, neanche per renderlo pedonale. E' previsto invece che venga chiuso al passo, all'inauguarazione della Rampa.
Quel'idea di restauro storico del Ponte, con ringhiera e passaggio esclusivo pedonale, raccontata in Commissione Municipale, dal Tecnico Progettista è una fantasia priva di "fondi" e di progetto, sua credo, forse neanche la Sovraintendenza ne sa nulla.
Quello che invece sa la Sovrintendenza rispetto al nostro Ponte è che non ha nessuna responsabilità sulla proroga o meno della Passerella Precaria, che per ora ci assicura il passaggio e la via per casa.
Sentiamoci liberi di criticare e decidere.
Quando il Presidente di Municipio sostiene che sarà costretto dalle Normative a non derogare oltre alla passerella provvisoria e a lasciarci tutti a piedi, come nel 2011, perciò ci conviene non opporci alla Rampa e dire grazie... non dice come sono le cose realmente.
La sua è una minaccia di ritorsione a cui non puo dar seguito, neanche volendo.
Intanto crediamo che la Legge sia al di sopra di Norme e Regolamenti, e la Legge sulle BarriereArchitettoniche, ma non solo questa, ci tutela da certe millantate prepotenze.
Inoltre è palese che, anche qual'ora si iniziasse domani con l'intervento previsto, i lavori durerebbero mesi, forse anni. E per tutto il tempo la Passerella Provvisoria dovrebbe ovviamente rimanere "stabile".
(qualcuno potrebbe dire "se mi dici di si la lascio, se no la tolgo"... ma cadrebbe nel penale, penso)
Non ultimo l'esproprio immobiliare a due famiglie, per ragioni di pubblica utilità.
Sono quattro gli immobili di cui è previsto l'abbattimento. Due di questi sono le cantine di due famiglie Abitanti il nostro Borgo. Sappiamo bene tutti quanto nelle nostre piccole casette sia indispensabile un luogo, un posticino, un anfratto dove infilare tutto quello che in casa sul momento è di troppo. Una cantinetta, una baracchetta, è vitale dalle nostre parti.
Entrambi le famiglie cedendo la cantina vedrebbero svalutate le loro proprietà, ma quel che è peggio verrebbero ridotte a niente le opportunità di cui sopra. Credo siano comprensibili i loro dubbi a questa soluzione, almeno quanto è incomprensibile l'ostilità degli Uffici verso soluzioni alternative, del resto già avanzate dagli stessi proprietari, nel caso di ineluttabilità dell'Intervento Pubblico.
Percorrere l'alternativa, utile ed economica. E realizzabile nell'immediato.
Noi crediamo sia opportuno, necessario spostare l'attenzione, la progettazione, il destino dell'Intervento Pubblico, sul ipotesi di Restauro Funzionale del Ponte Storico. Funzionale a quegli obbiettivi già esposti. Di conseguenza inquadrabile nei parametri necessari all'utilizzo di quei Fondi a questi vincolati.
Abbattere l'edificio con i piloni nel rio ovviamente, convogliare parte delle acque tramite l'adeguamento delle caditoie, permetterne anche la caduta libera dalla piazzuola ricavata, nel salto sottostante, adeguare l'impianto fognario modificandone l'assetto in quel punto, e realizzare un anticipo del salto nel letto del torrente spaccando a modo lo scoglio sottostante il Ponte.
Ponte che avrebbe così al di sotto del suo arco, lo spazio necessario a permettere il passaggio del torrente in piena.
Posto che con l'Allerta Rossa i Ponti non sarebbero praticabili e posto che molti dei ponti in uso nel genovesato non hanno un "franco idraulico" superiore, cosiderato ancora che anche nel 2011 il Ponte è stato divelto dai parapetti e di parte del selciato dall'acqua arrivante dalle strade;
siamo convinti che ripristinarne selciato e parapetti e riportarlo all'utilizzo precedente dovrebbe essere considerata una ipotesi percorribile e auspicabile, nel finanziamento a cui il ripristino della viabilità regolare viene inscritto.
Il restauro dell'arco e degli accessi al Ponte storico potrebbe convivere in un contatto rispettoso con la sovrapposizione allo stesso di una leggera struttura moderna, adatta al moderno transito, in acciaio. Il contrasto tra le due strutture ne valorizzerebbe e ne evidenzierebbe l'importanza, rispettando l'estetica e la funzione del nostro ponte medioevale, liberato dal esistente che lo mortifica.
Ulteriore elemento di drenaggio e sicurezza rimane l'ipotesi dell'abbattimento di un immobile raso strada, posto sul marciapiede, potrebbe esser realizzata al fine di un intervento utile a drenare e irrigimentare le acque che provengono verso quel punto da Pedegoli e da Via Fontanarossa, ampliando inoltre lo spazio a disposizione limitrofo al ponte, utile allo scarico di materiali e merci per i residenti.
Si tratta dunque a nostro vedere di inquadrare il ripristino dela viabilità attraverso il Ponte come Opera prioritaria, e questa in un intervento che incida nel migliorare il deflusso nel rio delle acque piovane, e dello stesso entro gli argini, salvaguardando il contesto e la sicurezza.
Questo non significa che nulla possa essere modificato, ma che questo avverrebbe nella prospettiva indicata poco sopra.
Siamo certi che nella salvaguardia e nella tutela dell'interesse Collettivo, del Bene Comune, ogniuno possa poi trovare il conforto per la propria sicurezza e qualità di vita.
Questo proveremo a sostenere nelle Sedi Istituzionali che ospiteranno ancora le fasi di Approvazione del Progetto sul Molinetto.
Chiediamo agli Abitanti ancora lo sforzo di tenere alta l'attenzione e pretendere trasparenza e condivisione; qual'ora si formasse un gruppo indipendente di interesse sulla questione potrebbe presto venire ascoltato in Sede Comunale.
Crediamo che la democrazia sia partecipazione
GiuseppePittalugaCapogruppoFdS/PRC MunicpioBassaValBisagno
CircoloPRC"Dente"BianchiniPzzaRomagnosi
martedì 13 dicembre 2016
il destino del ponte sul Molinetto
Ultrasecolare, ferito dall'alluvione: ma il Comune non lo restaura
Quezzi, il destino del ponte sul Molinetto 'sorpassato' da una rampa di cemento
di Fabio Canessa
domenica 11 dicembre 2016
A Genova Quezzi c'è preoccupazione per lo storico ponte sul rio Molinetto: danneggiato dall'alluvione, mai più restaurato, ora il Comune vuole sostituirlo con una rampa carrabile. I cittadini però storcono il naso: "Non ci fidiamo, abbiamo paura di restare di nuovo isolati".
GENOVA - Che ne sarà dell’antichissimo ponte sul rio Molinetto a Quezzi? Se lo chiedono i residenti dell'omonima via sulle alture di Genova, sempre più preoccupati. L’arco in pietra resiste da oltre 800 anni ed è sempre stato l’unico modo per raggiungere le case a monte con motorini e mezzi agricoli. Nel 2011 l’alluvione lo travolse. Danni lievi, eppure l’isolamento è durato 15 mesi prima che il Comune mettesse una passerella metallica in attesa dello sperato restauro. Ma adesso l’amministrazione sembra aver cambiato i piani.
La soluzione, già emersa negli scorsi mesi, è stata confermata nell'ultima riunione in Municipio. Il progetto prevede di abbattere tre edifici sulla sponda sinistra del rio, poco prima della confluenza nel Fereggiano, per poi costruire una rampa carrabile al posto delle scalette esistenti. In pratica un accesso carrabile a un'antica creusa che non lo sarebbe, anche se tutti l'hanno sempre usata a questo scopo, compresi i mezzi dell'Amiu.
Ma gli abitanti vorrebbero tenersi stretto il loro ponte, documentato prima del 1200 e ancora al suo posto dopo tanti secoli. Dargli una sistemata costerebbe anche meno, visto che per costruire la rampa sarebbero a disposizione ben 254 mila euro. "Chi deve accedere con un mezzo non può usare le scale e quindi ha sempre usato il ponte - dice Giuseppe Pittaluga, residente oltre che consigliere municipale di Prc - ma l'amministrazione non vuole ristrutturarlo, e così lo condanna all'abbandono. Uno degli edifici da abbattere è abusivo, ma gli altri due andrebbero espropriate alle famiglie che abitano qui. Poi la rampa partirebbe in curva, che non è certo l'ideale".
Il ponte, dicono i tecnici, non lascia abbastanza spazio al deflusso e quindi non si può usare, a meno di non abbassare l’alveo, soluzione finora ignorata. Abbatterlo non si può perché è vincolato dalla Soprintendenza. Eppure nessuno, prima del 2011, aveva lamentato problemi. "Quel 4 novembre - racconta Pittaluga - la strada stessa si trasformò in un fiume. I muretti sono caduti dentro il rio spinti dalla forza dell'acqua che scendeva lungo via del Molinetto. La quantità di fango e detriti che arrivava qui era impressionante".
Con la rampa, dicono gli abitanti, si rischia di peggiorare la situazione. Da una parte verrebbero ostruite le vie di fuga per l'acqua nella parte iniziale della strada, che combaciano alle scalette con cui si accede ai vecchi trogoli. La rampa stessa, poi, diventerebbe uno scivolo per l'acqua, come in parte successo già nel 2011 quando all'imboccatura del ponte scendeva di tutto dalla vicina via Fontanarossa. Dall'altra ci sono ben altri timori: "Secondo noi la rampa serve in prospettiva per costruire un nuovo parcheggio". E siccome non c'è altro spazio, bisognerebbe farlo a sbalzo sul greto del Molinetto.
Nel 2011 questa via visse un'odissea durata oltre un anno. Col ponte inagibile - impossibile camminarci in sicurezza anche se la struttura è del tutto integra - la gente del posto poteva raggiungere case e terreni solamente a piedi.
E il timore è che possa accadere di nuovo: "La nostra preoccupazione - dice Pittaluga - è che alla fine non si faccia né l'uno né l'altro. Perché sul ponte non c'è nulla di scritto. E noi rischiamo di mangiare questa minestra o saltare dalla finestra".
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