e non pochi grassi interessi, dall'area mercato alla metropolitana, finanche bacini fluviali e opere abbastanza "grandi" da esser appetibili businnes, come lo scolmatore...

Il Decentramento sarebbe un'opportunità di partecipazione, pensare di arrivare all'idea di PortoAlegre magari è eccessivo ma pretendere di sapere e incidere sulle scelte che ci riguardano dovrebbe esser il minimo sindacale, credo.

giovedì 15 giugno 2017

Restiamo Umani

 
Il Progetto della rampa d’accesso a Via Molinetto prevede l’esproprio di tre magazzinetti sponda dx x l’abbattimento e la sucessiva realizzazione. Tutto votato regolarmente in Consiglio Comunale. Evabèn. Ma l’esproprio colpisce due famiglie che in quei magazzinetti/cantina avevano uno spazio importante rispetto alla abitazione.
 
Una di queste ha una casa particolarmente piccola,ed utilizza da sempre il magazzinetto di rimpetto all’uscio di casa come locale aggiunto, una sala dove incontrare le persone, spazio vitale non solo x socializzare, giacchè il nucleo famigliare è di cinque persone, con i tre figli.
Tra l’altro noi tutti che abitiamo nei pressi li abbiamo conosciuti, li abbiamo freguentati piacevolmente, in molti hanno contribuito alle serate passate davanti alla loro cantina, con due seggiole x strada e il magazzinetto aperto e accogliente, fin’anche un riuscito Capodanno collettivo “nella creusa”. Certo non ce ne possiamo fregare.
 
Questa famiglia, inserita e conosciuta da vent’anni nel piccolo quartiere come piacevolmente aperta al vicinato, si troverebbe privata di uno spazio vitale, reclusa in un’abitazione resa così monca,  inadeguada alla quotidianità famigliare, senza che agli abitanti venga a fronte di ciò fornito lo strumento x rimediare, giacchè l’esproprio prevede poche migliaia di euro di risarcimento.
E’ come se mi obbligassero a vendere la mia vecchia auto per pochi soldi, sarà pure vecchia ma se me ne privo sarò a piedi, e con i pochi spicci che mi danno non mi procuro certo un alternativa...
 
Basta davvero poco per non infierire sulle persone, che già di principio vedono stravolta la propria esistenza da un Intervento Pubblico, basta offrire loro una dignitosa alternativa.
 
Potrebbe essere l’acquisto dell’intera abitazione, con il magazzinetto/cantina, e risarcire la famiglia con una somma utile ad acquistarne un’altra nei pressi, con i volumi adeguati ad una vita civile.
 
Oppure ancora, si potrebbe permutare l’abitazione con una analoga e dignitosa casa del Comune, 
sempre comunque in zona, giacchè in zona la famiglia ha costruito la propria rete amicale e parentale.
 
I fondi necessari non sono certo un problema a fronte di un intervento che già prevede 254mila euro di spesa. Ricordo che nella Messa in Sicurezza del Fereggiano gli espropri sono stati ben rimborsati ai proprietari,non considerando solo il valore commerciale bensì un risarcimento di tipo esistenziale, anche giustamente. In questo nostro caso insiste anche la condizione economica della famiglia coinvolta suo malgrado, a favore di un indispensabile paracadute economico. Certo non si tratta dello stesso Ente nei due casi, ma di soldi Pubblici, xcui nostri, quello si, in entrambi i casi.
 
Inoltre il Comune comprando i locali li potrebbe adibire a magazzini giusto ad uso dell’Intervento imminente, evitando di occupare spazio nell’angusta Via, e rimarrebbe in seguito come proprietà Comunale, utilizzabile dal Municipio Area Tecnica, ad esempio.
 
Rimane una questione di sensibilità, anche Politica oltreche umana, rispetto alle condizioni reali in cui le persone si accontentano di vivere le proprie esistenze, nonostante difficoltà e soprusi quotiani. Mandare avanti delle pratiche d’ufficio senza considerare questi aspetti non è solo superficiale, ma colpevole di vessare ottusamente gli abitanti esasperandone i sentimenti.
 
E fa la differenza tra perdere mille voti a favore, o invece conquistarli.
 
GiuseppePittaluga

sabato 3 giugno 2017

Elezioni Amministrative2017 INTERVISTA A GIUSEPPE PITTALUGA

Intervista a Giuseppe Pittaluga
Di Giacomo Marchetti per “ControPiano” Rivista politica OnLine 

Giuseppe Pittaluga è uno storico compagno e attivista della ValBisagno. Ha scelto di candidarsi con Marika Cassimatis, la vincitrice delle “comunarie” per il Movimento 5 Stelle, non riconosciuta dallo staff pentastellato con cui ha ingaggiato una travagliata battaglia giudiziaria. La Cassimatis ha deciso di candidarsi sindaco con una lista civicache porta il suo nome, forte della partecipazione ad importanti battaglie condotte nel passato e delle sua spiccata sensibilit antifascista, nonché delle attenzioni per le questioni sociali con un riferimento costante alle tematiche originarie del Movimento. Parallelamente alla frammentazione della rappresentanza politica nel campo dell’alternativa all’attuale quadro politico in città, si è assistito al proliferare di scelte politiche “individuali” senza che si fosse proceduto ad un vero e proprio confronto tra le forze dell’opposizione. 
Hai scelto di candidarti con Marika Cassimatis,quali sono le motivazione di questa scelta e come pensi che si possa inserire questa decisione nella costruzione dellarappresentanza politica delle classi subalterne in città? La Val Bisagno è soprattutto conosciuta fuori Genova per le vicende relative alle conseguenze delle ultime due alluvioni che si sono abbattute sul capoluogo ligure, volevamo chiederti quale è la situazione di questa porzione di territorio densamente popolata rispetto al dissesto idro-geologico e se e come sono cambiate le cose? In questo territorio sono presenti importanti sedi delle aziendemunicipalizzate al centro di importanti lotte contro la privatizzazione: che peso hanno nella Val Bisagno e in che modo influenzano la vita politica di quartiere? Puoi descrivere l’esperienza che si sta sperimentando a Quezzi rispetto alla gestione dei profughi, quali sono state le criticità con il quartiere e cosa invece ha funzionato e può costituire un modello? La questione delle “periferie” sembra essere almeno a livello retorico al centro del dibattito politico, ma nella realtà qual è la situazione attuale, la puoi descrivere sinteticamente dal tuo angolo visuale? In che modo si può consumare una rottura con il centro-sinistra che ha governato storicamente la città partendo dal territorio in cui vivi e che peso hanno ancora le clientele e i terminali dell’asse di potere del PD? Un ultima domanda: quale pensi debba essere il ruolo dei comunisti in questa fase, devono essere solamente interni alla costruzione di una rappresentanza “neo-populista”, o debbono anche ridefinire un proprio soggetto politico specifico e in che modo? 

Giuseppe Pittaluga. Candidato consigliere comunale per la neonata Lista politica elettorale Lista Cassimatis. Come e perchè.
Una componente importante del originario M5s era la determinazione, espressa ad esempio nella lunga storia della ValSusa e del dissenso NoTav, dove l'unica opzione da considerare x cui condurre l'iniziativa era ed è l'opzione zero. E su questo si è costruita la piu edificante esperienza di aggregazione, controllo e potere popolare dell'ultimo decennio. Un NO di quelli che aiutano a crescere. Ovviamente questo vale per tutto il movimento antagonista, nelle sue molteplici componenti, di cui una parte di M5s era integrante da subito.
Questa è stata una "formazione" politica autonoma che ci accomuna.

La determinazione a sostenere il conflitto. Capacità o intenzione che oggi non trovo nelle istanze nè nella dicussione che ha prodotto come risultato l'aggregazione delle forze ististuzionali rimaste a sinistra in città con le entità meno politicizate e piu attive nell'impegno civile e sociale organizzato. In un disegno che prevede degli accordi di governance e colaborazione, sostenendo una sorta di male minore, senza mi pare fare i conti con un conflitto emergente, con contraddizioni che invece pretendono risposte nette.
Dal M5s genovese ne sono uscite due espressioni di dissenso interno, una è quella rapresentata dalla Lista Putti, che vede la sperimentazione di cui sopra. L'altra è rappresentata dal gruppo di "allontanati" dal diktat di Grillo, che si riferisce alla Cassimatis. Nel tentativo di Marika Cassimatis di collocare il M5s genovese a "sinistra" e della conseguente Lista autonoma,ho incontrato di differente rispetto ad altri, queste due questioni: valutare come patrimonio comune le esperienze di partecipazione popolare vissute col Movimento, e la sensibilità politica di nonsottostare ad accordi o compromessi uscendo dal M5s, l'autonomia appunto della Lista. Intravedo in questo la determinazione a sostenere il conflitto, se e quanto necessario. E mi pare sia il collante ideale che servirebbe ad una organizzazione di opposizione, oggi.
Da qui la mia scelta di "candidarmi" per la Lista Cassimatis, cioè di contribuire con la mia formazione Socialista e libertaria a elaborare le intuizioni, cercando di incidere sulle tematiche portando un punto di vista "di classe", con i limiti e le difficoltà di entrare in un gruppo dove cmq l'estrazione sociale popolare facilita l'empatia ma dove ovviamente le modalità di analisi sono differenti.
Nel caso che qualcuno della ns Lista entrasse come Consigliere in Comune, lo sarebbe d'Opposizione, e il mio contributo è che una volta lì, si faccia l'unica cosa possibile in rappresentanza del dissenso popolare: si trasporti la rivendicazione nel Palazzo, si trascini il conflitto in Aula, e si faccia in modo di metter lorsignori all'angolo, il piu spesso possibile. E come dicevo prima, ci vuole determinazione a sostenere a lungo un confronto duro, a non lasciare che le istanze vengano "ridotte" a merce di scambio, ricondotte al ottenimento di rendita politica nel teatrino istituzionale.

La mia esperienza istituzionale di questi 5 anni si è concentrata in ValBisagno. Un vero cimitero di "opzioni zero" mancate.
Territorio asservito storicamente a vari servizi ed a piccole industrie, la Media ValBisagno x anni è stata fortunatamente dimenticata, sino a che gli allocati pubblici e privati hanno smantellato lasciando aree dismesse a disposizione, un pò per tutti. Recentemente la furia palazzinara si è rivolta a questi spazi, riempendoli e trasferendone il valore in tasche lontane e altrui, vuoi con edifici commerciali vuoi con tentativi di nuovi residenziali. Questo ovviamente senza riguardo alcuno per il dissesto idrogeologico, noncuranti dei danni milionari provocati dalle cicliche emergenze, eclatanti rimangono la costruzione di Bricomen in un rivo e il mega complesso di edifici sul torrente Geirato, oggi ancora in costruzione.
Quartieri messi in linea uno dopo l'altro, con la popolazione polverizzata in un ancora a tratti bucolico paesaggio, la ValBisagno ha due denominatori comuni; il fiume Bisagno e la tradizionale presenza di occupati, ed ex occupati, di AMT, amga, Amiu, e alcune Sedi di queste Aziende. In questi anni sulla pelle degli abitanti è stato il fango ad essere il collante, grazie alle continue piene del fiume ed alluvioni, e questo ha portato a una consapevolezza diffusa e ha permesso la percezione del fiume stesso come filo d'unione e motivo di aggregrazione, di iniziativa politica, creando una coscienza critica comune su questa tematica.
La disgregazione del lavoro e la crisi di rappresentanza hanno forse impedito che il secondo fattore emergesse come determinante, pur essendo evidente ed evidenziato, ad esempio nella manifestazione autoconvocata in Valle per il Risanamento, nel 2015. Nel contempo i luoghi di lavoro sono in via di ristrutturazione, privatizzazione, sprecando anche potenzialità di sviluppo sostenibile e competenze operaie.
Una dimensione in alcuni tratti quella della valBisagno più a monte, al dunque salvata proprio dalla sua marginalità, forse è riuscita a farne un limbo rincuorante, con i suoi circoli operai, le bocciofile e le associazioni sportive, i cacciatori, la mutua assistenza, i negozi locali le parrocchie, ora questa dimensione si sta lasciando trasformare in periferia, in luoghi di periferia e in mentalità di periferia. Essenzialmente in luoghi di solitudine, da cui allontanarsi, per andare al lavoro o a scuola, per andare a cercare cultura, per uscire alla sera. Per incontrare cose e persone da qui te ne devi andare, questa è periferia, devi andare in centro.

Quando si dice di collegare rapidamente da Struppa a Brignole con il TPL, è sacrosanto, ma sarebbe necessario permettere anche agli Abitanti di abitarlo il proprio territorio, oltre che tornarci x dormire e pagarci i servizi per la residenza.
Penso che solo l'iniziativa autonoma e autorganizzata di quest'ultimi possa recuperare e rinnovare l'aggregazione sociale in questi rebighi di valli genovesi, con un buon coordinamento tra queste, concentrandosi su piattaforme pur basiche ma unitarie, magari allora potrebbe esser utile trovare le sponde rappresentative nel Palazzo. Queste allora avrebbero la massa critica x rivendicare in maniera incisiva, pur essendo minoranza.

Diversa la situazione in Bassa valBisagno, dove gli appetiti sono feroci. E dove le condizioni urbanistiche sono al limite, con nessun drenaggio delle acque piovane, in colline densamente edificate, su strade d'accesso ai cantieri divenute Vie, com 80mila persone residenti, e a valle decine di punti GDO nei fondi degli edifici, oltre che sbancamenti x tonnellate di roccia sostituita da box seminterrati. Il dramma che accompagna questi lembi di territorio è il dissesto idrogeologico, che provoca danni e vittime, ciclicamente.
Il Bisagno giunto a BorgoCrociati scontra l'arco delle ferrovie e di l' non passa. Non c'è verso, è troppo stretto, e la piena si allarga in tutta la piana facendo danni miliardari, da decenni. Questo ' il "filo rosso" che lega le due dimensioni della Valle, sino alla Foce. In questo mandato l'Assess LLPP (Crivello) fa votare in ConsiglioComunale un Opera da 60 milioni di euro x "scolmare" il torrente Fereggiano (affluente del Bisagno), responsabile del disastro e delle sei vittime del 2011.
Di contro avrebbe potuto ottenere l'attuazione del Piano di Bacino, dal costo di 300milioni di euro, già stanziati completamente a carico del Governo, cioè una soluzione complessiva e organica delle problematiche per gran parte della valBisagno. Non lo hanno fatto. Con le sentite congraturazioni del allora Governo Letta. Ad oggi, miniscolmatore in corso d'opera, piovesse come è piovuto, saremmo nelle stesse identiche condizioni. .

Il quartiere di Quezzi, sino a valle, è stato l'epicentro del disastro funesto piu recente, con l'esondazione del torrente come ultimo atto di un crollo e un'allagamento generalizzato in tutta l'area, appresso ad alcuni gg di piggia insistente, e sei vittime, annegate nella piena del torrente Un quartiere iper edificato e fittamente abitato, con una sola strada di accesso senza sbocco al suo terminale in collina. Storicamente "rifugio" ai margini ma accogliente x le diverse migrazioni nazionali, che a Genova hanno trovato locazione. Una popolazione "svizzera" che riesce in una buona convivenza civile in situazioni davvero difficili, giacchè oltre 10.000 persone abitano quel km quadrato, se solo si uscisse di casa tutti assieme, anche a piedi, la strada non basterebbe.
La nuova immigrazione Africana e Orientale da tempo si è inserita negli spazi man mano lasciati liberi dai precedenti, rilevando anche attività commerciali in loco, e abitando privatamente diverse abitazioni, senza che in questi 10 anni si sia verificata intolleranza o fastidio esplicitato. Per assurdo, da noi in effetti anche un latitante o il tizio ai domiciliari potrebbero scendere al bar x un caffè, tanto è un valore la tolleranza genovese. Parrebbe eser quello del'immigrazione l'ultimo dei problemi di un'area così compromessa. Invece.
 
Questo clima è stato messo in crisi recentemente, o meglio si è tentato strumentalmente di creare criticità di convivenza, per metterlo deliberatamente in crisi. Volano nebuloso del tentativo è stata l'arbitrarietà delle scelte Prefettizie sull'allocamento coatto di un gruppo modesto di Richiedenti Asilo, e complice del'operazione è l'imprenditore del TerzoSettore che si era aggiudicato l'appalto per l'accoglienza dei migranti, e che cercndo di evitare confronti e verifiche, hanno dato sponda alle istanze retrive e xenofobe di alcuni attivisti di destra, L'assenza di informazioni, trasparenza e partecipazione tipiche dell'Amministrazione, hanno permesso che voci infondate ma terroristiche si diffondessero su questa iniziativa, tanto da aggregare un discreto numero di abitanti preoccupati della cosa, intorno a Lega e addirittura ForzaNuova, che cmq hanno militanti nel quartiere essendo la composizione di questo decisamente "di classe" ed essendo purtroppo loro inseriti da tempo negli strati popolari.
Solo la determinazione di alcuni compagni e compagne del quartiere ha permesso la conoscenza dell'intervento previsto nella sua reale e completa progettazione, abbiamo costretto imoprenditore e istituzioni ad incontrare ed esplicitare le intenzioni in Sede Istituzionale ed in confronto con i residenti piu critici. E non ultimo si sono aggregate e hanno reagito diverse componenti antifasciste, anche meno conflittuali, rimarcando quanto le forti criticità dei territori dimenticati vadano gestite in presa diretta da coloro che se le vivono, in primis, rivendicando trasversalmente l'esigenza che i servizi tornino alla regia pubblica e Comunale, considerata questa una tutela dalle prevaricazioni del businnes, sia pure "sociale". Tanto è bastato a "rompere il giocattolo" dei neofascisti locali, almeno per ora, ma l'ignavia dell'Amministrazione ci riporterà presto la questione d'attualità.

In questo territorio ricco di potenzialità ed asfissiato dalle contraddizioni, la presenza e l'azione di gruppi xenofobi o fascisti sembra essere lo specchietto x allodole creato giusto x distrarre dagli obbiettivi del businnes, ben piu polposi di quel che sembra. In tutta la bassa ValBisagno infatti insistono aree hard core, semi abbandonate o in trasformazione, come l'ex mercato ingrosso, area FFSS, metropolitane e tramvie.
Animali feriti sui quali i rapaci fan cerchi concentrici, il tutto ben collegato nella rete capillare di interessi delllo Status Quo. Rete che appare salda e ben annodata, il potere viene esercitato con dovizia di emanazioni in ogni settore della vita comunitaria, economica e sociale del quartiere, ad ampio spettro riesce ad accontentare interessi personali e di categoria ottenendo consenso a interventi di varia natura, nonostante possano venire modificati gli assetti e gli equilibri, questa riesce a tenere al suo interno, modificando magari i referenti, i portatori delle istanze egoistiche a cui rispondere ed ottenerne l'appoggio aprioristico ai propri obbiettivi.
Un sistema, costruito sullo scheletro delle relazioni interne ed esterne delle Istituzioni Pubbliche, non ridurrei il tutto al clientelismo PD, nel senso che al Governo cittadino e locale il PD è attualmente il baricentro, ma le emanazioni aggressive del businnes consolidato in città, si rifarebbero senza grossi problemi a Bucci e alla sua cricca qual'ora si rivelassero affidabili, almeno quanto il PD, vedi in Regione... Nel ottica liberale forse basterebbe un Amministrazione decisa e con altri referenti economici e finanziari, alternativi, a scomporre disordinatamente la compagine capeggiata dalla Curia, che domina gli affari cittadini da decenni asfissiandone le potenzialità. In un ottica liberale.

L'impegno politico che ci riguarda come comunisti, invece, credo che debba contribuire a soluzioni di altra natura, almeno rispetto alle tematiche della rappresentanza istituzionale. A mio vedere, individuando gli embrioni di una critica sociale radicale e costruttiva sarebbe opportuno oggi lavorare affinchè questi si sviluppino, sostenendo e collaborando, evidenziando e elaborando in comune i vari aspetti. Questo diffonderebbe la consapevolezza di quanto l'analisi di classe materialista sia necessaria, come del resto anche un Organizzazione, rendendo necessaria la creazione funzionale di un soggetto Politico che si andrà definendo (o ridefinendo). Diversamente da esperienze passate, un' organizzazione con il mandato non per condurre o dirigere ma adatta a coordinare, nelle proprie autonome emanazioni, le Classi popolari. Che ne raccolga e rivendichi le istanze anche in Sede Istituzionale, con l'autorevolezza data dalla massa critica attiva sul territorio.
Napoli ad esempio, con l'Amministrazione DeMagistris, ha iniziato a risolvere i conflitti portandoli alla discussione e alla condivisione pubblica, lasciando entrare nel Palazzo ogni qualsivoglia istanza popolare, privilegiandone il punto di vista, impregnando anche in questo modo le mura delle Istituzioni, abbastanza da renderne poi difficile l'eventuale "disifestazione" reazionaria. Tornando al inizio, per fare questo è necessario essere determinati a sostenere il conflitto, non certo averne timore o peggio ignorarlo, pena l'ennesimo colpevole buco nell'acqua.
Non pare che al momento ci siano molte possibilità di realizzare un fronte, considerando i gruppi d'interesse espressi nella contesa elettorale, se non appunto sostenerne gli elementi "avanzati", tramite l'impegno delle singole unità comuniste inserite all'interno di alcuni schieramenti emergenti, mantenendo cmq l'identità e l'autonomia necessaria ad una analisi e un passaggio sucessivo piu radicale.

venerdì 12 maggio 2017

ABITANTI


ABITARE. ( avere come ambiente naturale: es. la fauna che abita la macchia mediterranea )

Vorrei lasciare l'utilizzo del termine "cittadini" agli ortodossi dei 5stelle, o agli storici della Rivoluzione Francese, che infatti considerava una parte della popolazione meno "cittadina" di un'altra...
Dovremmo invece parlare di Abitanti, finalmente, comprendendo così tutti coloro che nel territorio metropolitano agiscono, che lo popolano e lo vivono, e lo abitano, appunto. Fin'anche i nostri animali domestici, randagi e silvestri.
Se volessimo avere un'idea piu aderente alla realtà delle cose, almeno.

Abitanti, con casa o senza dimora, chi ci lavora, chi di passaggio, ospiti o trasfertisti, rifugiati, immigrati e richiedenti asilo, minorenni o carcerati, studenti o ricoverati, e di qualunque cultura e religione, piu o meno "clandestini", sul territorio...
Non tutti sono iscrivibili nella categoria di cittadino, con un profilo adeguato agli accessi codificati di servizi e prestazioni, alcuni non rientrando negli standard mancano da statistiche e considerazioni, rendendo in parte inefficace il sistema di tutela e sicurezza sociale.
Il termine "Abitanti" conviene come unico parametro l'essere presenti sul territorio, indipendentemente dallo status sociale, togliendo dall'ombra intere esistenze.
E la responsabilità delle condizioni di base, per la quotidianità e il benessere di tutti gli Abitanti, di una moderna metropoli è del Sindaco, mi pare.
Ma questa è un'altra storia. Ma anche no.

mercoledì 1 marzo 2017

Immigrazione e Accoglienza.. E Lavoro.


Accoglienza, e lavoro.
la Normativa nazionale.

"... Lorenz ad un certo punto sbotta, se ne tornerebbe in Gambia domattina, non si fa una ragione dei mesi in attesa di non sa cosa, senza poter far nulla o quasi, certamente senza poter lavorare e guadagnare qualcosa da spedire in Africa. Questo era il suo obbiettivo, questo il suo progetto di emigrazione.
Se non lo si puo fare, lui torna a casa, lo sostiene deciso."

Lorenz è "ingabbiato" da un anno in un iter "Prefettizio", e affidato d'autorità al privato sociale, di riconoscimento dello Status in cui venir collocato, per poi dar seguito al suo progetto. 
E ancora non vede la fine di un percorso troppo lungo, soffocato com'è dalle logiche mercantili in cui si colloca il TerzoSettore.

Queste sono le condizioni, che prevedono costi altissimi x la collettività, in cui le Leggi Bossi/Fini e Turco/Napolitano hanno costretto migliaia di migranti in Italia. Con tutto il disagio che ne consegue per i Territori e le Istituzioni.

E' necessario modificare radicalmente la Normativa e prevedere il rilascio annuale di qualche migliaia (3/4mila ogni Paese) di "visti di ingresso per ricerca di lavoro" presso le Ambasciate Europee in Africa, e favorire questi flussi indipendentemente dalla richiesta di lavoro dei comparti produttivi nazionali, e permetterne la libera circolazione per l'intera Unione.
Questi gli obbiettivi pragmatici di una nuova Legge sui Flussi Migratori dallAfrica.

Migliaia di persone che potrebbero entrare regolarmente nei Paesi di destinazione, e dopo un primo passaggio buro/sanitario, intraprendere la ricerca di impiego, utilizzando le proprie risorse; avrebbero però nel contempo, eventualmente, la chance di decidere il ritorno nel proprio Paese dopo qualche tempo di ricerca impiego, magari per recuperare le forze e riprovare in seguito con un nuovo permesso temporaneo. 
Sarebbe una dinamica di movimento sud/nord meno a senso unico, meno costosa per tutti, normalizzata e monitorata: 15/18mila permessi rilasciati dalle Ambasciate Europee in Africa all'anno, per ricerca lavoro, temporanei e rinnovabili.
Permetterebbero una migrazione civile, su traghetti o aerei di linea, contenuta e regolarizzata, liberando le enormi risorse impiegate oggi per il contenimento, il controllo delle coste, come per il salvataggio delle migliaia di persone naufragate. 

Queste cospicue risorse allora potrebbero venire impiegate per quei percorsi realmente dedicati alla Protezione Richiedenti Asilo, che necessariamente provengono da aree di guerra e cmq da zone dove non sono disponibili agganci diplomatici o istituzionali ufficiali. Costoro rimarrebbero nelle condizioni di una fuga clandestina e ancora pericolosa, ma avrebbero la prospettiva di una Accoglienza adeguata e Asilo in Europa, già ora prevista ad es in Italia dallo SPRAR, con buoni risultati su tutto il territorio nazionale.
Il Presidente Toti non sa neanche di cosa parla quando chiede ai Sindaci di non aderire al Sistema Sprar dell'Anci, lasciando tutto in mano ai Prefetti e alla Autorità!

Superare la logica e la normativa voluta dalle due Leggi anacronistiche, vuole dire superare l'emergenza continua e pianificare interventi e normative in sincronia coi tempi e le reali esigenze.
Abolire la Turco/Napolitano e la Bossi/Fini è la priorità, 
altro che nuovi e funesti C.I.E. !

GiuseppePittalugaPRCbassaValBisagno


venerdì 30 dicembre 2016

SERVIZI SOCIALI: L'ACCOGLIENZA RICHIEDENTI ASILO.


RIPUBBLICIZZIAMO I SERVIZI CITTADINI.

SERVIZI SOCIALI:
L'ACCOGLIENZA RICHIEDENTI ASILO.

"Riportare la gestione del fenomeno dei Richiedenti Protezione, ed il governo delle pratiche relative, nella pianificazione d'intervento organica al sistema dei servizi sociali metropolitani, con un unica regia pubblica e trasparente, uscendo dalle logiche della continua emergenza e della delega a terzi."


Sino a che i numeri e il mandato stava, veniva inserito nei percorsi SPRAR (Servizio di Protez Richied. Asilo e Rifugiati), in accordo con UNHCR (Commiss. Eu Rifug.), coordinato dall'ANCI (Ass. Naz. Comuni d'Italia) nei singoli Comuni dove questi Uffici venivano e vengono utilizzati, le dinamiche anche importanti dell'immigrazione costretta da motivi impellenti, siano economici, sanitari o politici, venivano inquadrate e regolate in protocolli in progres ma abbastanza stabili da garantire un flusso e un inserimento piu o meno regolare delle persone accolte e coinvolte, nella vita sociale, nella formazione, nel lavoro. 
Lo SPRAR questo compito lo assolve e lo garantisce da anni, con diverse eccellenze in tutto il Paese.

Dopo le "primavere Arabe" i numeri e i percorsi dell'immigrazione si sono moltiplicati, ma invece di ottimizzare l'esperienza acquisita con il sistema già operativo e casomai allargarne il mandato alle nuove istanze e alle nuove proporzioni (cosa che è diventata improcrastinabile), si è deciso di operare in una eterna "emergenza", dove si confonde il dovere civile di soccorrere ed accogliere le persone, che avviene giocoforza in un momento di emergenza, con l'organizzazione che permette in seguito alle persone di almeno stabilizzare il loro "progetto" ,in un qualunque status regolare poi si collochino.

Questa seconda e imprescindibile fase non puo venire considerata una continua emergenza, come  sosteniamo, è evidentemente necessaria una pianificazione e una distribuzione adeguata del Servizio. Ciononostante il motivo fondamentale per cui si continua a scegliere una "via Prefettizia" all Accoglienza è proprio la percezione che la presenza di migliaia di "portatori di diritti" sul territorio sia un evento eccezzionale ed improvviso, da liquidare rapidamente: "siccome è un emergenza facciamo le cose dirette e sbrigative". 
Cioè le condizioni dell'Accoglienza sono determinate dallo Stato d'autorità, in base ad esigenze prettamente logistiche, tramite l'emanazione dello stesso: la Prefettura.
Il Prefetto infatti ha la responsabilità una volta avuto in carico la destinazione di un tot di Richiedenti Asilo, di trovarne locazione ed assistenza sul territorio di competenza, e ad oggi la risolve appaltandone direttamente la gestione ad Imprese sociali, Enti o Associazioni che ne abbiano i requisiti e ne facciano richiesta. 

Questo procura un clima di "mercato" e concorrenza, rispetto alla assegnazione di questo "servizio" al quale partecipano in molti, tutto il TerzoSettore, i vari privati, Parrocchie e Enti religiosi, Associazioni locali o di altre regioni, Centri di assistenza e Organizzazioni di volontariato, Pubbliche Assistenze. Nessuna mediazione è prevista nella trattativa con lo Stato, anche se "cuscinetti" come la delega di un Consigliere Comunale sul Tema si sono tentati, rispetto almeno alla distribuzione dei "campi" sul territorio Comunale.

Il risultato inevitabile è la destinazione frammentaria delle persone, decisa piu dalle contingenze spazio temporali del momento, che ad una assennata divisione e distribuzione dell'utenza, magari stabilita in base a parametri utili quali destino, provenienza, lingua, religione, parentele, unità delle famiglie; dati questi immediatamente disponibili all'arrivo in città dei Richiedenti, e che faciliterebbe le pratiche seguenti.

Inevitabile inoltre che venga polverizzato, in differenti metodologie di approccio e di gestione della quotidianità del Richiedente, il progresso del percorso, senza del resto avere su questo ne controllo ne verifica, vanificando l'efficenza di pratiche e protocolli nei vari passaggi di regolarizzazione, sanitaria, fiscale e legale, sino alla Commissione Territoriale. 
Differenziandone i percorsi e rendendo difformi le pratiche da caso a caso, da Centro a Centro, si prolunga inevitabilmente il tempo necessario sostenendo dei costi sproporzionati agli obbiettivi preposti. Si complica altresi tutto l'apparato preposto a sbrigare le pratiche personali dei Richiedenti, sia a livello sanitario che legale, impegnando Ospedali e Questure piu del necessario.

Questo per quel che riguarda gli aspetti della cura del percorso legale delle persone. 
E' uno dei frutti velenosi della Politica emergenziale, ma non l'unico.

Esiste poi la gestione del tempo e della cura esistenziale dei richiedenti, dalla minima formazione rispetto alla lingua, ai pasti, alla locazione e le utenze, ai controlli medici e alle attività minime. Allo stesso modo la polverizzazione tra molteplici gestioni e metodi differenti non si rivela una ricchezza pluralista bensì una complicazione ulteriore rispetto ad un minimo di pianificazione efficente per garantire a tutti eguali servizi ed eguale dignità. 
Le differenze di trattamento e di esito, di tempi e di dispense, mortificano le persone sottoposte a questa condizione coatta, e creano sacche di marginalità dovute alle deficenze occupazionali, aumentando la percezione diffusa e comune di abbandono delle persone al proprio destino.

Avendo anche in questo caso esigenze contingenti all'emergenza non si realizzano dei protocolli ufficiali, delle buone pratiche comuni, dei parametri di riferimento per una gestione uniforme e ottimale della quotidianità del Accoglienza.
Non lo si puo fare in una situazione di continua emergenza.


L'opportunità di superare questo blocco non solo mentale è data dalla possibilità dell'Ente Comunale di intervenire autorevolmente e porsi come passaggio sucessivo alla Prefettura, o meglio come destinatario del mandato d'Accoglienza, assumersi la responsabilità di governare gli eventi, la Autorevolezza della gestione del percorso sino alla Commissione Territoriale, e utilizzare a questo scopo le Cooperative di servizio presenti localmente, redistribuendo risorse sul territorio.

Questo potrebbe prevedere con una regia degli uffici Comunali, allora una metodologia di percorso magari sperimentale ed in progres, ma con una pianifiacazione uniforme che riduce tempi e costi rispetto al raggiungimento della qualità dell'intervento e degli obbiettivi. La certezza e la regolarità delle pratiche favorirebbe un sucessivo inserimento lavorativo e non, regolarizzando anche l'accesso al mercato del lavoro dei singoli.

Le "risorse" necessarie al Comune, per definire l'assetto e mantenerlo stabilizzandolo, diventando una sorta di investimento e non solo una spesa, sono già in carico alle Prefetture, che riconoscono per lo Stato, già ora, all'Ente la quota di mantenimento personale utile al caso.

Questa prospettiva modifica la natura del Servizio, non più un contenitore/dispenser a lungo termine, ma un turn over burocratico reso efficente nei tempi e regolarizzato nei costi, favorendo anche l'armonia con i contesti in cui queste esperienze d'Accoglienza vanno a innestarsi. 

L'Ente Comunale, rispetto al intervento di locazione, diverrebbe il referente per un passaggio cognitivo e di confronto con le Istituzioni di prossimità e le realtà locali, che ad oggi viene eluso, a garanzia di un agire adeguato, qual'ora possibile, con modalità opportune al contesto territoriale, ed una distribuzione piu congrua e equa sul Territorio, allora sì, xchè in sinergia con le potenzialità riscontrate, puo essere un intervento foriero di opportunità economiche e cognitive per tutti.

Questo tra l'altro è quello che chiedono spesso gli Abitanti che invece ad oggi "subiscono" e percepiscono come arbitrarie le decisioni di allocamento Richiedenti, prese dalla Prefettura (X*) e consegnate a volte a delle org. che non hanno altro obbiettivo che quello economico, essendo esterne ed estranee al territorio quanto i rifugiati stessi. 


Pare necessario intraprendere ed attuare una decisa svolta che abbia come prospettiva la riapropriazione dei Servizi Cittadini con un nuovo paradigma che ne permetta la gestione Collettiva, a partire dai Servizi Sociali ad arrivare all Acqua, all'Igene Pubblica, al Trasporto Urbano. 
L'efficenza e la sicurezza sono date dalla responsabilità comune, dalla condivisione degli obbiettivi, dalla trasparenza della gestione, in tutti i settori di pubblico interesse, quello che viene definito il "bene comune".

GiuseppePittaluga
CapogruppoPRCbassaValBisagno
....


( X* )

Ne è prova provata la metodologia messa in pratica dal PRC al Municipio3, nell'attualità delle Norme vigenti, quando ... 


Esattamente un anno fa, sul finire di dicembre 2015 alcune false notizie sull iniziativa presunta di deportare un numero imprecisato di Profughi in una vecchia struttura in quartiere a Quezzi, che poteva contenere un centinaio di persone, venivano messe in circolazione. 
Profittando evidentemente del "modus operandi" di certe Prefetture messo in evidenza dalle destre xenofobe e dalla stampa compiacente, la cosa veniva resa verosimile creando malumori e strumentalizzazioni e incrinando il clima di convivenza in un quartiere già complesso. 

Un minimo di indagine ci portò a conoscenza del progettato insediamento di una Struttura sociale, con diverse destinazioni: un residenziale per anziani, una "casa famiglia" per minori e un residenziale per  Richiedenti Asilo. In totale un 80ntina di posti letto, 24 di questi dedicati ai Rifugiati. Iniziativa a cura e a spese dell'Ass. CeisGe, azienda del TerzoSettore, legata al area Cattolica cittadina.

Essendo questo progetto comunque una realtà di servizio che si innesta in un equilibrio precario di un area abitativa popolosa e ricca di criticità, che contribuisce nel bene e nel male a modificarne gli assetti, abbiamo ritenuto che, come un altra attività imprenditoriale che desse un simile contributo, ciò dovesse  avvenire nella trasparenza e nella condivisione con la realtà locale, con gli Abitanti. 

Ci è sembrato allora opportuno richiamare, anche formalmente, l'imprenditore alla "responsabilità" sociale dell'Impresa, il dirigente ha ammesso pur tardivamente quanto fosse utile, anzi necessario il semplice percorso di trasparenza da noi individuato e richiesto.

Dopo aver diffuso in quartiere le reali condizioni del progetto sociale privato, e le informazioni relative ottenute, è stato necessario formalizzare nelle Sedi adeguate la conoscenza ed il confronto tra le parti  interessate alla realizzazione della struttura.
Da qui l'incontro voluto con forza da Rifondazione e messo in atto dal MunicipioBassaValBisagno, per dare l'opportunità all'Associazione Imprenditore, di venire in Sede istutuzionale a presentare il progetto e le sue finalità, con carte topografiche e convenzioni, in una Seduta aperta agli abitanti, dove Comitati e Cittadini hanno potuto esprimersi, dove anche le componenti Politiche hanno partecipato e dove tutte le perplessità e i dubbi sono stati pazientemente sciolti. 

Da lì in poi la Struttura ha potuto realizzarsi in armonia col contesto e gli Abitanti. 
Grazie al confronto da noi preteso, e diventato inevitabile per l'imprenditore del TerzoSettore. 
Abbiamo anche rilevato quanto questa iniziativa di partecipazione, o almeno diffusione, non venga richiesta ne agevolata abitualmente e pur essendo parziale ed non sufficente pare un unicum, ad oggi.

Il prezzo dell'Iniziativa Politica pagato dal Partito è stato un immediato accanimento nei nostri confronti da coloro che tentarono di strumentalizzare le false notizie, dapprima con minacce vaghe, poi circostanziate verso alcuni compagni, infine un tentativo di agguato notturno per fortuna fallito, ad un Consigliere del Partito. Il quartiere stesso, le realtà antifasciste piu vicine, e molti cittadini si sono rivoltati immediatamente contro questo degenerare squadristico, evidenziando quanto le istanze popolari anche dure non abbiano niente da spartire con la propaganda xenofoba di pochi estremisti.

Crediamo che in questo sparuto ma pericoloso "fronte" si siano ritrovati interessi differenti, sia di propaganda xenofoba che di impronta localistica meno politica, sponda magari di egoismi speculativi, ma soprattutto ci pare che emerga da questa esperienza di Resistenza quanto sia "semplice" rompergli il giocattolo, diradando la cappa di falsità e paura che diffondono: rendendo trasparente la Politica Amministrativa e le sua scelte, grazie ad un Controllo Popolare attivo.

Abbiamo, in questo frangente, individuato e sperimentato un metodo pratico e immediatamente realizzabile: ogni iniziativa di inserimento, apertura, locazione di Residenziali dedicate all'Accoglienza, dovrebbe confrontarsi in Sede Municipale in un Incontro Informativo e un confronto con le Componenti locali. Questo permetterebbe l'emergere delle criticità così come delle opportunità, in un dibattito collettivo, nell'ottica della sostenibilità e dell'inclusione.

Crediamo che questo sarebbe il modus operandi minimo a garanzia di trasparenza, se fosse semplicemente il Comune stesso a definirlo come "protocollo". 
Intanto.

GiuseppePittalugaCapogruppoPRCmunicip3



sabato 24 dicembre 2016

Il Ponte storico del Molinetto, e il suo destino.



Quello che potete leggere e visionare esposto in Municipi3

è il Progetto dell'intervento previsto in Via del Molinetto. 

Lo scopo di questa Opera Pubblica è duplice, ed i fondi (254mila eu. provenienti dai Fondi Messa in Sicur. del Ferregg.) sono vincolati a questi due parametri: sistemazione e miglioramento del aspetto idrogeologico e della viabilità. 
In quel luogo e non altrove.

Il Progetto risponde in qualche modo, vedremo come, a queste due criticità, con le prospettive e la mentalità progettuale di un decennio fa, quando pareva che l'emergenza fosse togliere dalla strada moto e auto parcheggiandole ovunque, oltreche canalizzare i torrenti con argini di cemento.
Questo progetto infatti è lo stesso che girava all'epoca dell'alluvione del 2011.
Ricordo a questo proposito che, i gg seguenti all'alluvione, un solerte Geometra comunale ha interrotto il ripristino del Ponte, smantellato i lavori già in corso sullo stesso, chiuso l'accesso, ed intimato agli abitanti di mettersi il cuore in pace, che intanto lì si farà una "rampa". Dopodichè 15mesi di isolamento ed infine l'attuale passerella provvisoria.

Da quei tempi "è passata tanta acqua sotto i ponti", è cambiata la sensibilità comune ed oggigiorno nessuno si sognerebbe più di accedere ad una creusa storica con una rampa carrabile che scende al livello di un alveo torrentizio, e lì fare una piastra asfaltata con un park motorini, soprattutto perchè il nuovo Piano di Urbanistica Comunale (PUC) non lo permetterebbe certamente.
Eppure questo Progetto nato dalla Messa in Sicurezza del Fereggiano ha oltrepassato le epoche e si ripresenta oggi, con piccole variazioni, come Soluzione al problema dell'accesso alla Via.
Nel punto più fragile e coinvolto dai tristi avvenimenti del 2011.

A noi sembra improponibile, e davvero anacronistico nel merito degli interventi previsti: 

>Rispetto alla criticità del deflusso delle acque piovane provenienti dalla stessa Via Molinetto, dalle scalinate adiacenti e da Via Fontanarossa (contributo notevole, l'acqua nella creusa prima del ponte arriva alle ginocchia nel momento peggiore) si prevede di allargare una piccola caditoia già presente sulla strada, raddoppiandola e coprendola con "grate", per dirigerne poi il podotto, intubandolo, oltre il salto poco distante. 
Sappiamo come sia assolutamente insufficente a raccogliere la quantità d'acqua che scende e si trasforma in una fiumara stretta tra muretti. 
Dunque quest acqua arriverebbe in fondo alla creusa senza piu incontrare le attuali importanti vie di fuga rappresentate dalle due scalette di discesa nel rivo, che diventano ogni volta salvifiche e capienti caditoie, liberando il pianetto dall'acqua. Altro che due grate!
Infatti la piastra asfaltata che accoglierebbe la rampa asfaltata prevede di chiuderle entrambi, sostituite da un drenaggio di grate e tubi (!!). 

>Ancora, questo intervento prevede certamente un appesantimento ed una impermeabilizzazione ulteriore, in un micro contesto che è in equilibrio da circa mille anni, da tanto esiste con certezza il "blocco" di case che insiste sulla sponda del torrente presa in considerazione. Questa è attraversata nel sottosuolo da diverse infiltrazioni che sfogano nel rivo, che verrebbero interrotte, deviate, tappate dalla colata di cemento. Prevedendo loro delle "palificazioni" e infiltrazioni, per aumentare la "sicurezza" degli argini (trasformandoli in un grigio massiccio muraglione), ci viene il dubbio che tanto sicuri di non trascinare tutto nel torrente, non lo siano poi tanto.
Sappiamo tutti noi che lasciare libera l'acqua di scendere nell'alveo è l'unico modo per non venir troppo danneggiati dalla sua furia.

E' chiaro ai nostri occhi che si tratta di un evidente peggioramento delle condizioni di sicurezza rispetto al assetto idrogeologico, così fortemente solleticato e modificato.

>Rispetto al deflusso della Piena Duecentennale (quella prevista dalla Legge come limite a cui attenersi) e agli impedimenti che troverebbe in quel punto, dove il torrente incrocia il Ponte, si tratta in sintesi di eliminare i piloni appoggiati in alveo (in realta appoggiati sui vecchi trogoli scavati nella pietra del rio) che sostengono una baracca di blocchetti abbandonata. Questi piloncini trattengono detriti creando in concomitanza del ponte un "tappo" pericoloso. Vero. Ma se questa baracca crollasse in una delle tante piene, non avrebbero neanche piu questo obbiettivo, se non il rimuovere dei detriti.

>Invece con questa Opera non incidono affatto sul famoso insufficente "franco idraulico" del nostro Ponte rispetto a quello previsto (lo spazio tra l'alveo ed il ponte), nonostante questo sia il motivo sostanziale del "illegalità" presunta del nostro ponticello, motivo per cui sarebbe difficile permetterne l'utilizzo.
Questo in realtà potrebbe essere ovviato, come ha ammesso lo stesso Tecnico Infrastrutture, spaccando lo scoglio sotto il Ponte e anticipando così il "salto" del torrente di pochi metri, certo si dovrebbe spostare entrambi i pozzetti della rete fognaria, inappropriatamente collocati lì tempo addietro, sistemando cos' anche questa incongruenza.

>Ma la cosa più eclatante di questo Progetto è il ripristino della Viabilità alla creusa. Come si ottiene questo risultato? Ripristinando il Ponte che per 850 anni ha permesso a carretti, muli, persone, motocarri, motorini, trattori e carriole di transitare sereni lungo quegli antichi argini?' No.
Certo che no.
L'accesso ad una Via rurale pedonale viene reso "carrabile"per decreto(!), che per il Codice della strada sono cmq due cose differenti; questo accesso viere realizzato in piena curva, che sempre per il codice stradale non è molto chiaro; con una "rampa" di cemento armato larga quasi tre metri che taglia un marciapiede ed ha una pendenza eccessiva per qualunque mezzo a mano o a traino umano.
Questa Rampa finirebbe ad innestarsi sulla creusa davanti ad alcune cantine in coincidenza con l'accesso al vecchio ponte (che verrebbe transennato e chiuso al passaggio, sino a quando non si sa)

Dove migliora la viabilità e l'accesso alla Via e per la Via? Quale contributo porta questa Rampa se non quello di altre tonnellate di acqua provenienti dalle Vie soprastanti? A cosa serve, che non poteva servire il Ponte?



Il Ponte Pedonale. Perchè mai non lo si puo riutilizzare come prima?
Questa manfrina è stata un teatrino condotto su un canovaccio che segna il degrado della politica Amministrativa nostrana, secondo noi.

Neanche un euro di questi 254mila sarà dedicato al restauro del ponte, NON è previsto nessun intervento, neanche per renderlo pedonale. E' previsto invece che venga chiuso al passo, all'inauguarazione della Rampa.
Quel'idea di restauro storico del Ponte, con ringhiera e passaggio esclusivo pedonale, raccontata in Commissione Municipale, dal Tecnico Progettista è una fantasia priva di "fondi" e di progetto, sua credo, forse neanche la Sovraintendenza ne sa nulla. 
Quello che invece sa la Sovrintendenza rispetto al nostro Ponte è che non ha nessuna responsabilità sulla proroga o meno della Passerella Precaria, che per ora ci assicura il passaggio e la via per casa.

Sentiamoci liberi di criticare e decidere.
Quando il Presidente di Municipio sostiene che sarà costretto dalle Normative a non derogare oltre alla passerella provvisoria e a lasciarci tutti a piedi, come nel 2011, perciò ci conviene non opporci alla Rampa e dire grazie... non dice come sono le cose realmente. 
La sua è una minaccia di ritorsione a cui non puo dar seguito, neanche volendo. 
Intanto crediamo che la Legge sia al di sopra di Norme e Regolamenti, e la Legge sulle BarriereArchitettoniche, ma non solo questa, ci tutela da certe millantate prepotenze. 
Inoltre è palese che, anche qual'ora si iniziasse domani con l'intervento previsto, i lavori durerebbero mesi, forse anni. E per tutto il tempo la Passerella Provvisoria dovrebbe ovviamente rimanere "stabile".
(qualcuno potrebbe dire "se mi dici di si la lascio, se no la tolgo"... ma cadrebbe nel penale, penso)



Non ultimo l'esproprio immobiliare a due famiglie, per ragioni di pubblica utilità.
Sono quattro gli immobili di cui è previsto l'abbattimento. Due di questi sono le cantine di due famiglie Abitanti il nostro Borgo. Sappiamo bene tutti quanto nelle nostre piccole casette sia indispensabile un luogo, un posticino, un anfratto dove infilare tutto quello che in casa sul momento è di troppo. Una cantinetta, una baracchetta, è vitale dalle nostre parti.
Entrambi le famiglie cedendo la cantina vedrebbero svalutate le loro proprietà, ma quel che è peggio verrebbero ridotte a niente le opportunità di cui sopra. Credo siano comprensibili i loro dubbi a questa soluzione, almeno quanto è incomprensibile l'ostilità degli Uffici verso soluzioni alternative, del resto già avanzate dagli stessi proprietari, nel caso di ineluttabilità dell'Intervento Pubblico.



Percorrere l'alternativa, utile ed economica. E realizzabile nell'immediato.

Noi crediamo sia opportuno, necessario spostare l'attenzione, la progettazione, il destino dell'Intervento Pubblico, sul ipotesi di Restauro Funzionale del Ponte Storico. Funzionale a quegli obbiettivi già esposti. Di conseguenza inquadrabile nei parametri necessari all'utilizzo di quei Fondi a questi vincolati.

Abbattere l'edificio con i piloni nel rio ovviamente, convogliare parte delle acque tramite l'adeguamento delle caditoie, permetterne anche la caduta libera dalla piazzuola ricavata, nel salto sottostante, adeguare l'impianto fognario modificandone l'assetto in quel punto, e realizzare un anticipo del salto nel letto del torrente spaccando a modo lo scoglio sottostante il Ponte.
Ponte che avrebbe così al di sotto del suo arco, lo spazio necessario a permettere il passaggio del torrente in piena.

Posto che con l'Allerta Rossa i Ponti non sarebbero praticabili e posto che molti dei ponti in uso nel genovesato non hanno un "franco idraulico" superiore, cosiderato ancora che anche nel 2011 il Ponte è stato divelto dai parapetti e di parte del selciato dall'acqua arrivante dalle strade; 
siamo convinti che ripristinarne selciato e parapetti e riportarlo all'utilizzo precedente dovrebbe essere considerata una ipotesi percorribile e auspicabile, nel finanziamento a cui il ripristino della viabilità regolare viene inscritto.

Il restauro dell'arco e degli accessi al Ponte storico potrebbe convivere in un contatto rispettoso con la sovrapposizione allo stesso di una leggera struttura moderna, adatta al moderno transito, in acciaio. Il contrasto tra le due strutture ne valorizzerebbe e ne evidenzierebbe l'importanza, rispettando l'estetica e la funzione del nostro ponte medioevale, liberato dal esistente che lo mortifica. 

Ulteriore elemento di drenaggio e sicurezza rimane l'ipotesi dell'abbattimento di un immobile raso strada, posto sul marciapiede, potrebbe esser realizzata al fine di un intervento utile a drenare e irrigimentare le acque che provengono verso quel punto da Pedegoli e da Via Fontanarossa, ampliando inoltre lo spazio a disposizione limitrofo al ponte, utile allo scarico di materiali e merci per i residenti.



Si tratta dunque a nostro vedere di inquadrare il ripristino dela viabilità attraverso il Ponte come Opera prioritaria, e questa in un intervento che incida nel migliorare il deflusso nel rio delle acque piovane, e dello stesso entro gli argini, salvaguardando il contesto e la sicurezza. 

Questo non significa che nulla possa essere modificato, ma che questo avverrebbe nella prospettiva indicata poco sopra.

Siamo certi che nella salvaguardia e nella tutela dell'interesse Collettivo, del Bene Comune, ogniuno  possa poi trovare il conforto per la propria sicurezza e qualità di vita.
Questo proveremo a sostenere nelle Sedi Istituzionali che ospiteranno ancora le fasi di Approvazione del Progetto sul Molinetto.

Chiediamo agli Abitanti ancora lo sforzo di tenere alta l'attenzione e pretendere trasparenza e condivisione; qual'ora si formasse un gruppo indipendente di interesse sulla questione potrebbe presto  venire ascoltato in Sede Comunale.
Crediamo che la democrazia sia partecipazione

GiuseppePittalugaCapogruppoFdS/PRC MunicpioBassaValBisagno
CircoloPRC"Dente"BianchiniPzzaRomagnosi

martedì 13 dicembre 2016

il destino del ponte sul Molinetto



Ultrasecolare, ferito dall'alluvione: ma il Comune non lo restaura

Quezzi, il destino del ponte sul Molinetto 'sorpassato' da una rampa di cemento

di Fabio Canessa
domenica 11 dicembre 2016

A Genova Quezzi c'è preoccupazione per lo storico ponte sul rio Molinetto: danneggiato dall'alluvione, mai più restaurato, ora il Comune vuole sostituirlo con una rampa carrabile. I cittadini però storcono il naso: "Non ci fidiamo, abbiamo paura di restare di nuovo isolati".

GENOVA - Che ne sarà dell’antichissimo ponte sul rio Molinetto a Quezzi? Se lo chiedono i residenti dell'omonima via sulle alture di Genova, sempre più preoccupati. L’arco in pietra resiste da oltre 800 anni ed è sempre stato l’unico modo per raggiungere le case a monte con motorini e mezzi agricoli. Nel 2011 l’alluvione lo travolse. Danni lievi, eppure l’isolamento è durato 15 mesi prima che il Comune mettesse una passerella metallica in attesa dello sperato restauro. Ma adesso l’amministrazione sembra aver cambiato i piani.
La soluzione, già emersa negli scorsi mesi, è stata confermata nell'ultima riunione in Municipio. Il progetto prevede di abbattere tre edifici sulla sponda sinistra del rio, poco prima della confluenza nel Fereggiano, per poi costruire una rampa carrabile al posto delle scalette esistenti. In pratica un accesso carrabile a un'antica creusa che non lo sarebbe, anche se tutti l'hanno sempre usata a questo scopo, compresi i mezzi dell'Amiu. 
Ma gli abitanti vorrebbero tenersi stretto il loro ponte, documentato prima del 1200 e ancora al suo posto dopo tanti secoli. Dargli una sistemata costerebbe anche meno, visto che per costruire la rampa sarebbero a disposizione ben 254 mila euro. "Chi deve accedere con un mezzo non può usare le scale e quindi ha sempre usato il ponte - dice Giuseppe Pittaluga, residente oltre che consigliere municipale di Prc - ma l'amministrazione non vuole ristrutturarlo, e così lo condanna all'abbandono. Uno degli edifici da abbattere è abusivo, ma gli altri due andrebbero espropriate alle famiglie che abitano qui. Poi la rampa partirebbe in curva, che non è certo l'ideale".
Il ponte, dicono i tecnici, non lascia abbastanza spazio al deflusso e quindi non si può usare, a meno di non abbassare l’alveo, soluzione finora ignorata. Abbatterlo non si può perché è vincolato dalla Soprintendenza. Eppure nessuno, prima del 2011, aveva lamentato problemi. "Quel 4 novembre - racconta Pittaluga - la strada stessa si trasformò in un fiume. I muretti sono caduti dentro il rio spinti dalla forza dell'acqua che scendeva lungo via del Molinetto. La quantità di fango e detriti che arrivava qui era impressionante". 

Con la rampa, dicono gli abitanti, si rischia di peggiorare la situazione. Da una parte verrebbero ostruite le vie di fuga per l'acqua nella parte iniziale della strada, che combaciano alle scalette con cui si accede ai vecchi trogoli. La rampa stessa, poi, diventerebbe uno scivolo per l'acqua, come in parte successo già nel 2011 quando all'imboccatura del ponte scendeva di tutto dalla vicina via Fontanarossa. Dall'altra ci sono ben altri timori: "Secondo noi la rampa serve in prospettiva per costruire un nuovo parcheggio". E siccome non c'è altro spazio, bisognerebbe farlo a sbalzo sul greto del Molinetto. 

Nel 2011 questa via visse un'odissea durata oltre un anno. Col ponte inagibile - impossibile camminarci in sicurezza anche se la struttura è del tutto integra - la gente del posto poteva raggiungere case e terreni solamente a piedi. 
E il timore è che possa accadere di nuovo: "La nostra preoccupazione - dice Pittaluga - è che alla fine non si faccia né l'uno né l'altro. Perché sul ponte non c'è nulla di scritto. E noi rischiamo di mangiare questa minestra o saltare dalla finestra".

domenica 27 novembre 2016

Nuove Periferie





Nuove Periferie
Estate, piena, un pomeriggio di luglio inoltrato mi pare che fosse, sono con Paola, un appartamento in un condominio affollato in città, quella città un pò ai bordi in quartieri cmq popolosissimi.
I park sono pieni e dunque la gente è a casa. E' ora di pranzo, le finestre tutte aperte, e dopo qualche minuto che suona ripetutivamente mi accorgo di un campanello insistente, al piano di sopra o in quello di sotto.
Mi viene in mente che se fossimo ora in un borgo, anche povero e lontano, il caso di un viandante che bussa e scampanella con insistenza ad una delle case del villaggio, avrebbe sicuramente richiamato subito l'attenzione magari della vicina, o di qualcuno del luogo, ed in pochi momenti il visitatore otterrebbe indicazioni e risposte. Non so, tipo che l'inquilino è uscito, che è in vacanza, o è a letto e nn puo rispondere, o che dorme il pomeriggio che lavora di notte... Insomma un po anche forse xchè nei paesi non si ci fa i fatti propri, un po xchè la preoccupazione di uno diventa la preoccupazione di tutti, almeno di quelli che son lì nei pressi.
Di fatto il tipo che suona e il tipo che non risponde... non sarebbero soli.
Invece. invece rifletto che l'insistenza potrebbe essere sintomo di un emergenza, ma che pur essendo in centinaia ammassati vicini vicini, con pareti sottili che senti russare quello di là... nessuno al momento si sente coinvolto, anzi forse nessuno si accorge che suona o ne è anche infastidito.
Paola è donna xciò, mentre io cogito sulla nascita di nuove periferie mentali in luogo di un'urbanizzazione velleitaria, lei esce in fretta sul ballatoio ed individua al piano di sotto il padre del adolescente che abita lì, preoccupatissimo: la figlia non risponde e la porta è chiusa dal interno!
Chiamo entrambi in casa e velocemente recuperiamo ed appoggiamo una scala tra un poggiolo e l'altro in modo che il coraggioso padre possa arrivare al proprio davanzale, scardinare la persiana del bagno ed entrare così in casa sua...
La ragazza con le cuffie e la musica a stecca ballava allegramente nella sua cameretta. Bene.
Non aveva sentito e non si era accorta di nulla.
Tralascio le urla del padre, e non sono a conoscenza delle terribili sanzioni famigliari applicate in seguito.
Ma per un attimo in quel frangente, semplicemente con l'agire determinato, si è rotta l'egemonia della solitudine egoista che crea davvero la periferia mentale in cui ci stanno rinchiudendo tutti, forse è il primo passo per demolire e trasformare i nostri territori, abusati e marginalizzati.
g,

Quezzi frana. E non è una novità.




Rischio crollo di un palazzo a Quezzi.

Nella notte circa 200 persone sono state evacuate con mezzi amt dalle loro abitazioni, tra via S.Fontanarossa e via Chiapparolo a Quezzi.  
Una frana ha trascinato una porzione di terreno scoprendo le fondamenta di un condominio, in evidente degrado. 
Il palazzo stesso ed altri due limitrofi sono stati allora sgomberati.
Quella di stanotte potrebbe essere una criticità sintomatica abbastanza evidente.

Come avevo evidenziato, 15 gg fa una frana sottostante, a ridosso dell'argine del torrente Ferregiano, aveva allarmato invano gli Abitanti, andando a ostruire l'alveo per fortuna asciutto e demolendo l'argine.
Ma è solo un tassello nella cronostoria evidente del crollo pezzo a pezzo di un quartiere vittima di "esasperazione edilizia".

Già nel 2011 appresso alla devastante pioggia foriera di tragedie, iniziammo a sostenere quanto fosse prioritario operare sui crinali, sui versanti, sugli argini e sull'alveo torrentizio,  lavori da pianificare per attuare un disegno complessivo di intervento, individuando momenti e situazioni dove intervenire. In maniera rapida.
Allora furono rilevate decine di frane e smottamenti in tutto il bacino del Ferregiano, in tutti i pendii e le scarpate limitrofe all'abitato, da esperti geologi di Spezia arrivati apposta. E concludere che la morfologia del territorio non fosse diversa pochi metri piu in là, dove i palazzi e gli accessi hanno ricoperto la collina non era poi difficile. 

E su questo sino a ieri, ad oggi, io, il PRC, NuovaEcologia, il WWF, in Municipio e in Comune abbiamo insistito ostinatamente. Da anni, e da soli contro un muro di gomma. che neanche esperti di fama internazionale hanno incrinato. 
Derisi e stigmatizzati da un Amministrazione miope quanto arrogante della propria sicumera, dedita a ipersoluzioni ecclatanti quanto poco utili, non ci arrendiamo, sappiamo che la direzione da prendere è esattamente opposta da quella prospettata.. 
La loro propaganda costosissima e fuorviante dà oggi il frutto tossico nello Scolmatore del Ferregiano: un grande buco a fondo Valle, dove a sto punto finiranno le tonnellate di detriti di un quartiere che pezzo a pezzo sta crollando!

E quando Lorsignori parlano di interventi diffusi, sappiamo che si limitano a spot qui e là, al rifacimento muri ancor piu pesanti e rigidi (Finocchiara, Ferreggiano), a restringimenti di alveo e caditoie (SommaUrgenza, basso Ferregiano), al rilascio di permessi ai privati x farci un pò di tutto (Leamara...), addirittura rendendo carrabili e parcheggiabili delle creuse a fianco dei torrenti (Molinetto)... in una area considerata fragilissima ed estremamente critica.
Forse un palazzo ogni quattro andrebbe abbattuto, e lo spazio ottenuto destinato al risanamento territoriale. Sicuramente la seconda ondata di palazzinari che ha sfruttato gli angusti spazi lasciati ancora liberi dalla prima urbanizzazione ha costruito su scarpate, su terra di riporto, su sbancamenti senza criterio della collina, e non è successo tanti anni fa, sono i palazzi piu nuovi, come lo sono i box interrati e le piattaforme park ricavate su detriti accumulati, per i quali il Comune ha rilasciato regolari insensati permessi.

Certamente consideriamo ancora di piu oggi una assoluta priorità il risanamento ambientale, l'unica grande e diffusa Opera a cui siamo interessati! Non una messa in sicurezza per mantenere interessi altrui, ma una modifica di rotta, realizzata nei fatti, una ricostruzione di spazi, di diritti,  di possibilità e prospettive a misura di Abitante e non asservita alla speculazione e agli interessi egoisti e privati.

Lavoro, territorio, diritti, socialità e sicurezza, sono facce dello stesso prisma, nessuno di questi fattori va sacrificato al mantenimento dello status quo, alla monetizzazione dell'esistenza, alla produzione di emergenze utili agli affari di pochi!

GiuseppePittalugaCapogruppoPRCbassaValBisagno